Regolamento aziendale sull’uso degli strumenti di lavoro e codice disciplinare
Il proposito di questo articolo è precisare la relazione tra il regolamento interno (aziendale) che abbia ad oggetto l’uso di beni e strumenti di lavoro (ed il controllo a distanza, se del caso), da un lato, e il codice disciplinare, dall’altro. La fissazione da parte datoriale di regole mirate a stabilire limiti e modalità d’uso di beni/strumenti in dotazione ai lavoratori per lo svolgimento delle mansioni è cruciale rispetto agli obiettivi di efficienza e di sicurezza delle attività, ovviamente anche di trattamento dei dati personali.
D’altro canto, l’adozione del regolamento è elemento di garanzia per i lavoratori stessi, i quali potranno confidare nella correttezza delle condotte che siano conformi alle prescrizioni in esso contenute. Insomma, i limiti formalizzati nel regolamento saranno tali, specularmente, anche per il datore.
Alla disciplina dell’utilizzo di beni/strumenti aziendali debbono essere associate, ove ne ricorrano i presupposti, le informative agli interessati sulle modalità dei controlli a distanza, assieme a quelle dovute ai sensi degli artt. 13 e 14 del GDPR. Il tutto come richiesto dall’art. 4, comma 3, l. 300/1970, per cui le informazioni eventualmente raccolte attraverso i controlli ‘inintenzionali‘ saranno utilizzabili dal datore di lavoro “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, ivi inclusi l’apertura di procedure disciplinari e l’irrogazione delle sanzioni previste dal CCNL (o dal codice disciplinare comunque adottato in azienda) e/o dalla legge nonché l’avvio di altri procedimenti presso le sedi competenti.
Il codice disciplinare non è altro che una serie di disposizioni (di regola attinte/provenienti dal CCNL applicato nell’organizzazione) deputate a predeterminare una casistica delle principali infrazioni (dalle più lievi alle più gravi) e le sanzioni (correlativamente declinate in ordine di crescente afflittività) ad esse connesse, nonché le procedure di contestazione.
Come noto, il codice disciplinare è soggetto ad un particolare regime di pubblicità (art. 7, comma 1, l. 300/1970) per cui le “norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di essere può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti”.
Il codice disciplinare è preceduto da una declaratoria dei doveri e degli obblighi dei lavoratori. E il nostro regolamento interno assicura, per l’appunto, la formalizzazione e la conoscibilità delle regole di condotta dettate specificamente per l’utilizzo dei beni/strumenti aziendali e consentirà, dunque, di rilevare/accertare i casi in cui singole condotte configurino infrazioni delle norme interne.
Il regolamento dovrà pertanto essere ‘connesso’ al codice disciplinare mediante una apposita clausola che rinvii espressamente al codice per tutto quanto attenga alla tipologia di sanzioni e alle procedure di contestazione, a fronte di violazioni delle prescrizioni e dei divieti in esso contenuti.
Nel momento in cui il datore si troverà ad esercitare il potere disciplinare non potrà che applicare, assicurato il contraddittorio con il lavoratore, quella sanzione che in base alle caratteristiche della condotta e alle circostanze in cui si è verificata risulti proporzionata alla qualità/gravità della infrazione stessa. La giusta proporzione sarà da stabilire attraverso il raffronto tra la fattispecie concreta e i casi/esempi contenuti nel codice disciplinare, inevitabilmente limitati nel numero ma, se ben redatti, comunque idonei a consentire per analogia la definizione della sanzione ‘ad hoc’.
E’ evidente, per quanto precede, il nesso logico e giuridico tra regolamento e codice disciplinare. Data la sua valenza anche in ambito disciplinare, il regolamento è/sarà soggetto al regime di pubblicità prescritto per il codice disciplinare, “esclusa la possibilità di considerare equipollenti i mezzi di comunicazione che abbiano come destinatari i singoli dipendenti individualmente considerati” (Cass. Civ., sez. lav., 33811/2021).
Il datore (e titolare del trattamento) avveduto, nondimeno, proprio in una ottica di prevenzione di condotte che mettano a repentaglio la funzionalità, la sicurezza dei beni/strumenti e/o la integrità, disponibilità, riservatezza dei dati personali, non si accontenterà del ‘minimo di legge‘ (l’affissione ex art. 7) ma farà del contenuto del regolamento aziendale l’oggetto precipuo di apposite sessioni di informazione e formazione dei lavoratori.
Articolo ripreso da FederPrivacy